I nostri racconti


lunedì 25 gennaio 2010

Capitolo 3

"...Poi la voce femminile dello speaker annunciò lentamente: “Treno delle 8 e 21, destinazione Milano, è in arrivo al binario uno”..." _Binario n. 1, Stazione Ferroviaria, Vicenza_

“Stavo dicendo... ah si! E’ strano che non mi abbia detto nulla del concerto e dell’accompagnatrice” forse avevo posto l’accento su quest’ultima parola un po’ troppo, non mi andava proprio giù che si frequentassero. Lei, ovviamente, se n’era accorta e fece uno strano sorrisetto di cui non capivo proprio il senso. Proseguii, lasciando in un angolino sperduto dei miei pensieri la gelosia suscitata da quel discorso.“Ma quindi andrai al concerto a Verona, con lui?”.A quella domanda cominciò a rimbombarmi nella testa un’idea che mai mi aveva toccato fino a quel momento.“Mah... Non saprei... In mancanza di qualcos’altro da fare… si, era più che altro per non stare sola tutto il giorno. Tu invece dove vai oggi?”. Avrei potuto chiederle di venire con me a Venezia, dopotutto era meglio di un concerto di un cantante che nemmeno le piaceva. Cercavo freneticamente un pretesto per convincerla a venire con me ma le idee non erano molte e decisi di improvvisare.“Io? Pensavo di andare a Venezia, è un po’ di tempo che volevo tornarci e questa mi è sembrata una buona occasione, o no? Magari potresti venire anche tu dai! Così non devo passare la mattinata da solo!” Parve chiaramente imbarazzata e arrossì in viso. Anche così mi pareva bellissima.“No dai! Ci sono stata da poco, e poi chi lo dice a Tommy?” mi rispose cercando di calmarsi.“Ma lascialo perdere Tommy! Ti sei aggiunta all’ultimo momento, ma ciò non toglie che sarebbe andato da solo. E poi stiamo parlando di Venezia! Una città di cui non ci si stanca mai: la sua atmosfera, le persone e tutto il resto. Dai! Il treno è alle 8 e 40, abbiamo tutto il tempo di fare le cose con calma. Allora che ne dici Camy?”Ci pensò su un pochino e poi mi rispose definitivamente con un secco no.“Non posso bidonare così Tommaso, mi ucciderebbe! Mi dispiace tanto...” Ero davvero deluso. Volevo stare solo con lei, non mi interessava niente di Tommaso, del concerto, di tutto il resto. In quel momento volevo solo lei. Tentai quindi l’assalto all’arma bianca, sperando che andasse a buon fine. “E se venissi anch’io a Verona? Non vorrai lasciarmi tutto solo a vagare tra le calli di Venezia?! Dai, ti prego!” nel dire queste ultime parole sorrisi facendo capire che stavo ironizzando.“Ma certo! Vieni anche tu, così non devo neppure farmi il viaggio da sola in treno. Hai già comprato il biglietto?” .
Dentro di me urlavo di gioia, e ovviamente non lo davo a vedere. Cercavo di non dimostrare troppo di essere attratto di lei.“Mah,… non so…. devo chiedere a mia madre!” detta questa frase scoppiammo entrambi in una fragorosa risata. Le si illuminarono gli occhi. “Certo, a me va benissimo accompagnarti a Verona!”Ancora ridevamo di gusto quando arrivò il mio caffè con la brioche e mi accorsi che lo stomaco brontolava per la fame. Erano stati stranamente veloci a portare l’ordine. Da buon cavaliere le offrii la brioche sperando di poterne condividere un pezzetto, ma purtroppo rifiutò educatamente. Tra una chiacchiera e l’altra passarono dieci minuti perlopiù a ridere e a sparlare di questa o di quest’altra persona, specialmente dei professori. Mentre le stavo ricordando una delle tante stupidaggini dette, o meglio, urlate dal professore di Fisica durante una delle sue lezioni in laboratorio lei mi interruppe:“Scusami, sai che ore sono?”. Guardai l’ora nel telefono, considerando che l’orologio me l’ero dimenticato a causa della fretta.“Le... aspetta... le 8 e 17, in questo istante”. Le dissi lentamente. Fece una smorfia di disappunto e un velo di terrore le comparve nel volto.“ Caz... cavolo! Il treno è alle 8 e 21! Siamo in stra, stra ritardo Riky!”. Si alzò afferrando la borsa, mi si avvicinò e mi prese l’orecchio.“Dai scemo, muoviti a finire!”.Inghiottii l’ultimo pezzettino ancora farcito del cornetto e trangugiai in un sorso il caffè. Presi lo zaino e me lo buttai sulle spalle e nel correre dietro alla ragazza mi ricordai di una cosa. Mi girai di scatto, rischiando quasi di mandare a gambe all’aria la cameriera e la colazione che stava servendo. Presi il portafoglio e buttai sul tavolo una banconota da cinque euro e qualche moneta. Cominciai a correre per raggiungere Camilla, e quando arrivai da lei, le chiesi se aveva pagato. Lei sbarrò gli occhi, trattenendo quasi a stento un’imprecazione, e rallentò. In quel momento ringraziai la mia previdenza, la presi dolcemente per mano, godendomi il tocco delle sue sottili dita.“Vorrà dire che mi devi una colazione sai?!”. Quando realizzò che avevo sistemato io il conto mi ricambiò con un sorriso di riconoscenza.“Sei un amore...” quelle parole mi mandarono in orbita. Mi ero ripreso dal quel momento per me magico e ricominciai a correre.“Ma perché tutta questa fretta Camilla!? Mica perdiamo il treno!”“Si sciocco! È alle 8 e 21! Lo perdiamo se non ci diamo una mossa!” Alzai gli occhi al cielo, pregando che fosse in ritardo come ogni normale treno italiano.“Ma non potevi dirlo prima accidenti!”. Affrettai il passo. Avevamo appena passato la porta di Piazza Castello quando mi resi conto che eravamo ancora mano nella mano, e lei sembrava me la stringesse più forte di prima. Non riuscii a trattenere un sorriso di felicità,… dovevo avere proprio una faccia ridicola. Mi sentivo come un bambino in un negozio di caramelle, in paradiso insomma. Ero ancora immerso nei miei pensieri quando arrivammo davanti alla stazione, ma mi costrinsi a tornare con i piedi per terra. Ci fermammo un attimo a riprendere fiato e mentre ero appoggiato ad una colonna controllai il cellulare. Erano le 8 e 22. Dato l’orario, la biglietteria era deserta e questo ci permise di comprare i biglietti in un batter d’occhio; che fortuna! Andammo verso la porta delle partenze, dirigendoci verso il binario numero uno. Eravamo nella sala d’attesa a cercare l’uscita giusta quando sentimmo il fischio di un treno che sembrava in partenza. Ci scambiammo un’occhiata di puro sconforto e ci precipitammo al primo binario ma era vuoto.“Nooo cazzo!” sussurrò Camilla vedendo l’ultimo vagone allontanarsi lontano come un lungo serpente sotto il sole estivo. Lei mi si appoggiò sfinita più dall’adrenalina che dalla fatica, ma ero troppo nervoso perché me ne accorgessi. Poi la voce femminile dello speaker annunciò lentamente:“Treno delle 8 e 21, destinazione Milano, è in arrivo al binario uno”. Non avevo fatto nemmeno in tempo a connettere che un treno si avvicinò lentamente sbuffando, i freni stridevano e si fermò lentamente.“Finalmente questi maledetti ritardi servono a qualcosa accidenti!” La ragazza al mio fianco che mi stringeva si girò verso di me sorridendo.“Ma non è quello per Milano questo, scusa?” dicevo con tono interrogativo;“Ma possibile che debba dirti sempre tutto? Allora, il treno è per Milano, ma si ferma anche a Verona, che è dove vogliamo andare... giusto?”“An! Eh oh! Capita su”.“ Prima le miss” le dissi porgendole la mano per aiutarla.“Ma che cavalieri che siamo oggi, prima la colazione, poi questo, tutto bene?”“Oh avanti! Sali e non fare troppe domande!”. Sorridendo la raggiunsi all’interno della carrozza.

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