I nostri racconti


lunedì 11 gennaio 2010

Interrogazione d’apnea


Era una gelida giornata di dicembre, più precisamente sabato 20 dicembre, ultimo giorno prima delle vacanze, così tanto agognate. Ormai ero in prima al liceo Quadri da quattro mesi e mi ero abituato ai venerdì passati a studiare quegli stra-maledetti appunti di Geografia. Avevamo il professore più infimo, bastardo e soprattutto stronzo della scuola. Pasquale Trogu. Ma il venerdì prima era stato diverso. Trogu seguiva uno schema ben preciso: un giorno interroga, un giorno spiega, un giorno interroga, un giorno spiega, e così è stato per tutto il tempo. La lezione precedente aveva interrogato, quindi era scontato che oggi dicesse i voti agli interrogati e andasse avanti a spiegare, soprattutto prima delle vacanze, in modo tale da darci i compiti. Fattostà che non avevo aperto libro e quindi non ero assolutamente preparata.
Carolina discuteva animatamente con Laura, la mia vicina di banco, durante il movimentato cambio dell’ora. C’era chi nervosamente studiava, secondo me inutilmente, gli appunti del professore, c’era chi rideva, scherzava, c’era chi, come Kristian, urlava le peggiori cose. 'Leo, fidati! Quello oggi fa lo stronzo e interroga, fidati! Non ha il cervello di una persona normale , è una macchina da omicidio studentesco! GODE delle facce spaventate degli interrogati!' mi diceva, anzi urlava dato il casino, sicura di essere nella ragione.
'Ma è impossibile Kri! Non avrebbe senso. Se oggi interrogasse, ci lascerebbe senza nulla da fare nelle vacanze, ed è inconcepibile per un sadico come lui! Credi a me. E poi non PUÒ interrogare, non DEVE interrogare! Non so neanche di cosa si parla! Ieri sono uscito, figurati se dopo un’interrogazione mi metto a studiare'.
'Fossi in te, ripasserei, tanto per non prendere 3'. In effetti, aveva ragione, meglio sapere almeno di cosa si parla.
'Uhm, hai ragione in effetti. Va beh, mi passeresti i tuoi appunti per favore?'. Tirò fuori gli appunti dalla cartella per poi passarmeli. Mentre leggevo a mala voglia inutili dettagli sulle sconosciute popolazioni della regione desertica araba, sentivo il putiferio che imperversava nell’aula e cercavo di non farci caso. La campanella era suonata ormai da circa cinque minuti e tutti cominciavano a sedersi, ordinare i banchi due a due, in file allineate alle piastrelle del pavimento, a mettere sul banco atlante geografico, blocco per gli appunti, penna nera e rossa. Così voleva Trogu, e ogni volta, con molta riluttanza da parte della classe, era così. Quando tutto fu a posto il silenzio era tombale. I miei compagni sembravano statue di cera, apparte Seve ovviamente, che se ne stava tranquillamente appoggiato al muro a mandare messaggi, quasi appartenesse a un altro mondo. Pasquà (come amavamo chiamarlo alle sue spalle) arrivò dopo qualche minuto dall’inizio del silenzio. L’atmosfera era tetra: la poca luce invernale che si scorgeva tra una nuvola e l’altra riempiva la stanza di una luce grigio perla. Pasquà entrò con la solita faccia corrugata e tutti gli studenti, o quasi, rimasero impietriti a guardare ogni mossa del professore. Finalmente esordì con il solito “Buon giorno ragazzi”. La classe rispose con un mormorio poco convinto, che fece corrugare ancor di più il suo muso. Si sedette sulla solita sedia coi braccioli tirando fuori dalla borsa di cuoio il libretto rosso per le interrogazioni.
'Calcolatrice! Per favore..'. Nessuno però si alzò. 'Avanti ragazzi, il professore non vi mangia mica!' ancora niente. 'Uno di voi si alzi o vi faccio passare le pene dell’inferno!' digrignò indiavolato. Guardai Kristian, Laura, Giovanni, nessuno sembrava avere intenzione di mollare. Poi incrociai lo sguardo con Zopp, implorandolo con gli occhi di alzarsi. Finalmente recepì il messaggio e con molta svogliatezza si alzò, con la calcolatrice in mano. Trogu alzò a malapena lo sguardo dal quadernetto rosso delle interrogazioni, tendendo la mano verso Matteo, in attesa della calcolatrice. Comunicò i voti ai diretti interessati, ovviamente con le solite battutine di ruotine per sfottere ed umiliare. Quando arrivò il momento di mettere nella borsa il quadernetto rosso ci guardò negli occhi, con un sorrisetto che non capivo. Girò pagina, trovandone una bianca. Il gelo più totale calò sulla classe, mi si fermò il cuore per qualche secondo. Avevo due fanali al posto degli occhi, sgranati in direzione della cattedra. Laura si fece sfuggire un’imprecazione facendo ridere sotto i baffi quelli che erano vicino a noi. Tutti erano terrorizzati, tranne qualcuno che non aveva compreso bene la situazione o che se ne fregava. Dopo qualche minuto di suspense chiamò i ragazzi da macellare:
'Bene... Fanchin, poi... vediamo... beh, scontato, Ristov... e... chi ancora? Qualche volontario? No eh... allora Faggionato'. Ero io, Faggionato ero io.
Cercai di far tornare in mente tutto ciò che mi ricordavo, di quello che avevo appena letto. Ma il vuoto più totale albergava nella mia mente, tranne qualche “passero solitario” che si aggirava per la testa, cercando un nido che non c’era. Insomma, non ricordavo nulla. Era la prima volta che andavo in blocco. Forse perché all’ultima lezione ero stato assente, e quindi non avevo avuto neanche l’opportunità di seguire la spiegazione. Mi calmai, e poco a poco gli uccelli della mia testa tornarono al nido. Cercavo di indurre a qualcuno la tentazione di fare una domanda, tanto da allungare il brodo, sperando di prendere tempo e magari dare una sbirciatina agli appunti. Guardavo disperato Seve, ottimo partito in queste situazioni. Lui capì all’istante la situazione e mise in tasca il cellulare.
' Scusi prof... ' Esordì. 'Come compiti delle vacanze dobbiamo studiare approfonditamente gli appunti, giusto?'
Non so se pazzia, sconsideratezza, autolesionismo, caparbietà o la più completa stupidità lo abbia spinto a fare la domanda. Ricordarsi, 1° regola: mai chiamare “prof” Pasquà! Pena? Decapitazione pubblica. Così fu. Trogu alzò lo sguardo da registro e “libretto rosso”. Lo sguardo era indescrivibile, rabbia, follia, odio profondo, disgusto. Tutto era dipinto in faccia, dando vita a un mostro.
'Perdona il professore, Seveglievich, non ho sentito bene la domanda. Era per caso: “Scusi prof, Come compiti delle vacanze dobbiamo studiare approfonditamente gli appunti, giusto?” o mi sbaglio?'.
Il povero Seve sbiancò. Forse si era reso conto del madornale errore ora commesso. Ma era ormai troppo tardi, la situazione era irrecuperabile.
'Si prof, così mi posso regolare'. No non si era reso conto dell’errore. Era sbiancato per il tono, forse. Trogu si alzò, molto lentamente, andando verso la vittima.
'Seveglievich, professore, io sono un professore! Ricordatelo, non prof! Se vuoi chiamarmi puoi dirmi professore, signor Trogu, professor Trogu. Di certo non con un semplice prof. Tu chiameresti tua mamma “ma”, oppure il tuo compagni di banco Sogaro, So?'
Seve ora aveva un sorrisetto dipinto in faccia. 'Beh prof, se capita forse si, dipende dalle situazioni'. Trogu arrossì e gli urlò contro qualcosa di irripetibile per poi andare a sedersi. Il tempo preso era poco. Il teatrino era durato non più di 10 minuti tra una risposta e l’altra. Tutti parlottavano tra loro, scambiandosi idee e pareri sull’accaduto, facendo perdere altro tempo a Pasquà, che ora ero costretto a pretendere il silenzio per continuare con l’interrogazione. Tra un richiamo e l’altro eran passati 20 minuti dall’inizio della lezione. Ogni minuto che passava sudavo sempre di più, leggevo nervosamente gli appunti di Laura, in preda ad una smania di origini sconosciute. Di solito ero calmo e freddo, non lasciavo trasparire emozioni, ma quel giorno niente, una disperazione. Trogu finalmente riuscì ad avere l’attenzione della classe e a ristabilire quell’atmosfera di terrore che regolarmente aleggiava tra le mura dell’aula.
'Bene, dopo questa lunga ed inutile digressione possiamo iniziare ad interrogare?' il silenzio tombale era un si, anche se poco convinto e voluto. 'Bene. Iniziamo con Carolina, come mai la Regione des... '.
Bussarono alla porta. Regola numero due: mai interrompere Pasquà mentre parla.
'Avanti! Ma è mai possibile che non si riesca a fare un’interrogazione in santa pace!?'.
Entrò una bidella che esordì salutando la classe. Aveva un foglio in mano con sopra scritto qualcosa, portava la firma del preside, quindi doveva essere qualcosa di importante. Pasquà era stato chiamato in presidenza per chissà quale motivo, e doveva andarci subito! Sentita la notizia la classe esultò in religioso silenzio e io, personalmente, ringraziai il cielo con silenziose acclamazioni da stadio. Il professore bofonchiò qualcosa sotto voce, chiedendo alla bidella di rimanere qui in classe a “controllarci”. Quando Trogu uscì scoppiò il pandemonio. Tutti si alzarono esultando, in primis noi tre interrogati, che grazie a questo o quell’altro motivo eravamo riusciti a rimandare l’ecatombe. Passai il tempo a studiare intensamente, cercando di immagazzinare il più alto numero possibile di nozioni, ma con scarsi risultati. Purtroppo per noi tornò dopo pochi minuti, troppo pochi per rimandare l’interrogazione. Quando tornò in classe era furente, il suo grosso naso era diventato dello stesso colore delle guance: bordeaux. Si sedette sulla sedia è sbuffò rumorosamente.
' Dicevamo? Ah si, Fanchin, come mai la Regione Desertica Araba assume tal nome? E quali sono le caratteristiche umane e del territorio? Velocemente per favore, il tempo stringe!'.
Carolina iniziò a parlare molto nervosamente. Purtroppo andava sempre così, studiava, si applicava, ci metteva l’anima, ma non riusciva a sbloccarsi. Non stavo ad ascoltare ciò che diceva, ero concentratissimo su appunti, libro, atlante, stampe si Cartografia. Dai bisbigli di Laura, che era la sua migliore amica, sembrava che avesse risposto in maniera eccelsa, “buon per lei” pensai tra una nozione e l’altra. Ora il testimone era stato passato a Kristian. Ovviamente il professore non perse l’occasione di far pesare il fatto di essere straniero, il solito stronzo. In ogni caso anche Kri fece la sua solita figurona, malgrado Pasquà si fosse dilungato parecchio in domande su parte del programma passato. Mancavano due minuti al suono della campanella della ricreazione, ormai ero sicuro di averla scampata, sicuro che mi interrogasse nella prossima lezione.
'Molto bene Ristov, davvero ottimo. Direi che oggi è stata una buonissima interrogazione, sono soddisfatto. Ora speriamo che Faggionato non rovini tutto'.
Regola numero 3: mai dare niente per scontato.
Ebbene si...mi aveva fregato. Mi si gelò il sangue nelle vene, ma rimasi impassibile, quasi a voler dimostrargli di non avere nulla da temere. Avevo studiato tutto in quel tempo, ed ero sicuro di farcela.
'Bene, Leonardo, risposta secca, dato che non abbiamo tanto tempo. Perché la regione presa in esame fin’ora, era la più adatta ad ospitare una mentalità, una popolazione, una religione, mussulmana?'. No perché proprio a me?
Il mutismo e l’incredulità calarono sulla classe, esterrefatta dalla domanda. Perfino, l’uomo eccellenza della classe guardò Pasquà con occhi sgranati. Me l’aveva fatta. Non era scritto da nessuna parte, non l’aveva mai menzionato o lasciato intendere. Queste erano le sua classiche domande “di ragionamento”. Cercai di sputare le prime cose che mi vennero in mente, ma servì a poco. Dopo 2 minuti di agonia la campanella suonò.
'Niente eh? Bene, arrivederci a tutti e mi raccomando: studiate. Non fate come il vostro compagno qui.'.
Scattai in piedi come una furia, mandando a gambe all’aria la sedia e il tipo dietro di me. Laura mi prese il braccio, guardandomi con occhi come per dire “no, non ne vale la pena”. Mi scusai con il compagno e mi risedetti. Furente.

1 commento:

  1. bello bello, però controllate che ci sono alcuni errori di battitura ad esempio un si al posto di "di" suppongo, e poi mussulmana va scritto con una "s". Comunque mi piace il racconto, descrive perfettamente lo stato d'animo della classe durante le ore del professor Trogu, bravi!
    Munaretto Giovanni

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